lunedì 16 maggio 2011

L’USCITA DELLE MASCHERE GELEDE (Benin del sud)

Nel villaggio di Lanta Kope, tra Cove e Ketou (Sud del Benin),  tutta la popolazione è raccolta per assistere all’uscita delle maschere Gelede.

L’avvenimento celebra la fine della stagione secca e la conseguente prossimità delle piogge.




La popolazione accorre numerosa per ringraziare ed implorare il feticcio principale del villaggio, Yami, da cui tutto si attende. L’uscita delle maschere è invocata ed attesa per dare forza alle preghiere della gente.

Ma cosa sono le maschere Gelede?
Queste maschere prendono il nome da una società segreta di origine Yoruba, la tribu più numerosa dell’Africa Occidentale (12.000.000 circa di persone), distribuita tra il Sud della Nigeria ed il Sud del Benin. Le maschere Gelede sono conservate in appositi conventi ed escono ogni volta che si presentano le condizioni e le necessità di un loro intervento. Servono a scacciare i demoni che si manifestano attraverso gravi calamità, a regolare i conflitti etnici, a moralizzare i costumi del villaggio, a confermare nella memoria collettiva i fatti importanti della popolazione. Gelede puo’ anche inviare un messaggio, più o meno personalizzato, di compassione, di solidarietà, d’insulto e di scherzo.
Le società responsabili della maschera hanno un’affiliazione segreta. I loro responsabili sono un uomo ed una donna, distintisi per saggezza e fedeltà al gruppo. Non a caso si tratta sempre di una coppia. Gelede ha tra le sue particolarità il fatto di essere una maschera femminile portata da degli uomini.
Non è quindi un affare di soli uomini o di sole donne, ma di tutto un gruppo umano regolato dalla complementarietà sessuale.
Gelede si caratterizza anche per la vivacità dei colori. Gli uomini, incaricati di portare la maschera, sono avvolti in stoffe dai vivaci colori. La maschera stessa, disposta sulla testa, è coloratissima, a tal punto da disorientare coloro che sono abituati ad assistere all’uscita di altre maschere africane, la cui espressività è data soprattutto dalle forme primitive molto stilizzate.
La maschera Gelede ha grandi occhi aperti, con le pupille segnate da  fori. Le labbra, dalle sembianze femminili, sono segnate da scarificazioni verticali agli angoli della bocca, come è in uso fra gli Yoruba. Il mento sporge oltre l’ordinario, inducendo gli esperti a parlare di un accentuato prognatismo, che aggiunge espressività alla maschera. Il tutto è sormontato da una sovrastruttura attraverso la quale il realizzatore ha intagliato motivi simbolici combinati a scene aneddotiche della vita di tutti i giorni. Questi motivi simbolici sono resi mobili da una serie di corde tirate o allentate nascostamente da colui che porta la maschera, trasformandola in una marionetta. In questo modo l’uscita di Gelede si trasforma in un vero e proprio spettacolo. Certo, il motivo primo e principale, rimane l’implorazione del feticcio perchè presti una benevola attenzione al villaggio, ma la popolazione, partecipando all’uscita di Gelede, domanda anche un po’ di divertimento, di distrazione, di festa.

L’uscita di Gelede

Gelede non tradisce mai le attese. Ne abbiamo una prova in questo caldo pomeriggio di marzo, a Lanta Kope.

La corale, disposta in cerchio, con lo sguardo rivolto verso l’esterno, chiama la gente a raccolta. I cantori si muovono in senso anti-orario, ritmando i canti con movimenti alterni: spalla e piede destro in avanti, lieve inchino della testa prontamente risollevata, ed infine passo verso sinistra. Al centro del cerchio, due grossi tamburi e qualcun altro di taglia inferiore animano il ritmo collettivo, puntuandolo con colpi sonori e costanti. La corale ed il tam-tam accompagneranno le maschere durante tutto il tempo della loro uscita.

Il momento sembra ormai giunto perchè le prime maschere avanzino. I bambini si agitano sapendo che il divertimento sta per arrivare. Infatti ecco la prima maschera che si fa avanti. Ai piedi porta decine di sonagli che rendono ancor più rumorosa la sua entrata in scena, compiuta a passo di danza. La maschera è sormontata da una figura umana che porta la mano destra alla testa per togliersi il cappello. Il  coro commenta la scena esprimendo parole di rispetto e di benvenuto a tutti i presenti perchè hanno accettato di partecipare a questa ennesima uscita di Gelede.
Subito dopo ecco un’altra maschera, accompagnata dallo stesso fragore di sonagli. Si tratta del feticcio Yami, che si inginocchia e prega il Creatore, a nome di tutto il popolo, perchè si mostri clemente nei confronti del villaggio. Il canto, che commenta la scena, precisa che il desiderio della gente è essenzialmente uno: di avere una scuola per tutti i bambini.
A sostegno di questa preghiera ecco altre due maschere che occupano la scena: due uomini mascherati da donne incinte. Il villaggio ha già tanti bambini. All’orizzonte tanti altri sono annunciati, visto che le donne del villaggio continuano a procreare.
Certo, costruire una scuola non sarà facile, ma la popolazione è disposta a rimboccarsi le maniche e a dare una mano al buon Dio. Un’altra maschera avanza. Questa è del tutto originale rispetto alle altre. Si tratta di una macchina in legno, copia fedele di tanti camioncini che attraversano il villaggio. Il commento canoro è chiaro: la gente non ha macchine per andare a cercare cemento, sabbia e tutto il materiale necessario all’edificazione della scuola, ma si darà ugualmente da fare perchè i lavori avanzino a buon fine.

Il pubblico segue la storia con attenzione: ascolta, sorride, applaude.
La rappresentazione riguarda tutti i presenti e la lezione è chiara per tutti. La maschera Gelede garantisce che tutte le forze spirituali protettrici del villaggio sono della sua parte per aiutarlo ad avere una scuola. L’importante ora è che ognuno dia una mano perchè davvero i bambini abbiano un luogo decente dove istruirsi.

Ma l’uscita di Gelede non è ancora finita. Anzi. L’agitazione cresce. Ecco l’ultima maschera che arriva. Si tratta di una iena che avanza correndo su dei lunghi trampoli. Corre, salta, cade per terra fingendo di essere morta. Si rialza. Il coro accompagna i gesti gridando ora che è morta, ora che è viva.
La scena rievoca i tempi in cui il villaggio era minacciato da animali feroci. Il pericolo si è ultimamente ridimensionato. Ma qualche animale  è ancora pronto ad assalire di tanto in tanto bestiame ed uomini. Da qui la maschera della iena, simbolo dell’antagonismo che caratterizza i rapporti del villaggio con la natura che lo circonda.
La gente si stringe intorno alla iena. La prende in giro e allo stesso tempo mostra di temerla, fino al momento in cui la maschera riparte, seguita da decine di bambini che continuano a cantare: « E’ morta, è viva! E’ morta, è viva!.... »

L’uscita della maschera è finita. L’assemblea si scioglie. Gelede non ha deluso.
In un contesto religioso, la maschera ha divertito e nello stesso tempo ha trasmesso degli insegnamenti. La prossima volta uscirà ancora, con un’altra storia, con altri contenuti. Nel frattempo il villaggio avrà avuto il tempo di riflettere su quanto ha visto ed ascoltato. Avrà avuto anche il tempo di rimboccarsi le maniche per cominciare a costruire la scuola.


Gelede nella cultura del popolo Yoruba

In una cultura fondata ancora in buona parte sulla tradizione orale, Gelede si mostra uno strumento importante perchè tale tradizione rimanga viva. Attraverso la maschera, i movimenti «magici » dei suoi personaggi in legno, ed i canti, la saggezza del villaggio si trasmette di anno in anno da una generazione all’altra.

Inoltre Gelede riassume, sintetizza l’aspetto sacro e profano della vita quotidiana del popolo Yoruba. Esprime in un’unica celebrazione la tensione verticale rappresentata dal culto reso agli spiriti protettori e la tensione orizzontale rappresentata dall’attenzione ai problemi del villaggio. Due movimenti, due tensioni, in un unico quadro dato dalle maschere, dal coro e dal tam-tam. Nessuna schizofrenica distinzione dunque tra cielo e terra. Anzi, Gelede conferma proprio che il o i feticci si lasciano coinvolgere nella vita del villaggio.

Ultima annotazione: Gelede -come si è detto- diverte. La maschera consolida le preghiere della gente, trasmette degli insegnamenti, facendo divertire. E questo va detto a grandi lettere. Gelede è una maschera festosa, che sembra richiamare colori e danze di carnevali brasiliani. Prolunga e conferma nel tempo il carattere festoso del popolo Yoruba che l’ha creata e che da essa si lascia guidare.

Assumendo preoccupazioni moderne come la scuola, Gelede sembra avere lunga vita davanti a sè. Non si puo’ fare a meno di augurarglielo, visto che riesce a fare cio’ che a tanti sembra impossibile: pregare ed istruire divertendo tutti e quanti.

Roberto CEREA
Lomè, 22/04/1996

2 commenti:

  1. Gelede è un suppporto teatrale della tradizione orale. Molto interessante.

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  2. raramente mi è capitato di leggere sui blog un post così dettagliato e ricco di informazioni interessanti. i miei complimenti!!

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